Le ottime qualità sempre dichiarate dal fiorentino Giuseppe Pinzani (1679- 1740), tutt’altro che rara avis nel quadro del tardobarocco granducale, non sono fin qui valse ad ottenergli un’attenzione proporzionata nella storiografia. Un deficit tanto vistoso può in buona parte imputarsi alla complessa fisionomia del pittore, che pare aver scoraggiato qualsiasi tentativo di organico isolamento degli ingredienti che compongono la sua accattivante ricetta di stile, in misura consistente di ascendenza extratoscana. Perché è palese come la notizia di una giovanile militanza emiliana dell’artista, sotto la guida del sommo Cignani, non basti a dar ragione di quel suo fare macchiato e astrattizzante – ma alternato ad affondi umoreschi tali da evocare la miglior produzione lombardo-piemontese di Andrea Pozzo – che lo qualifica nel panorama fiorentino e reclama una più articolata trama di contatti settentrionali e, con verosimiglianza, romani.
Un curioso banchetto (di Giampiero Nigro)
L’immagine qui riprodotta appartiene all’archivio Ranfagni e risale alla seconda metà del secolo scorso. Si vede, sulle mura medievali, la terrazza della trattoria Old River, che cento anni prima si chiamava Locanda del Giardino. Proprio in quei locali, il diciotto...