Mi limiterò qui a fare una constatazione e a proporre una suggestione: mi fermerò alla sua formulazione, esprimerò un concetto in altre parole rispetto a quelle sintetiche che ci sono nel titolo, ma non lo svilupperò fino in fondo. Perché si tratta di una domanda alla quale non so ancora rispondermi con certezza: è una suggestione molto bella, che merita forse di essere approfondita, se si amano i personaggi che vi sono coinvolti. E partirò, per formularla, da quello che, per me, è il momento più alto mai toccato dalla cinematografia italiana.
Parigi, nei passi di Malaparte (di Jean-Claude Thiriet)
«… di quel Diario d’uno straniero a Parigi non aveva scritto una sola riga: quando morì furono trovati vari brogliacci, che Falqui completò con delle note insignificanti, e furono pubblicati... ». Cosi parla Orfeo Tamburi di questo diario che Malaparte aveva iniziato...