Isgrò, Malaparte e Oreste simboli del nostro tempo

 (di Umberto Cecchi)

In una’Italia che qualche volta è ancora divisa da usi, costumi e dialetti, incontrare Emilio Isgrò, nominato ‘artista dell’anno’ è una sorpresa. Cer­to: siciliano, certo: orgoglioso del suo dialetto che è poi una lingua vera: forte, scabra, melodica, ma anche interprete di quella cultura che per molti aspetti sopravvive nel modo di raccontare il mondo, di dar voce alle cose, di mescolare – qualche volta in modo molto simile alla narrativa onirica latino americana – sogno e realtà. Alla pari non tanto di Vargas Llosas o Garzia Marquez, quanto piuttosto di Juan Rulfo uno dei maestri più importanti della ispanicità narrativa latino americana. Rulfo e Isgrò sono capaci di parlare con un altro mondo, destano i morti e li fanno rivivere in surreali odissee piene di speranze e desolazioni. Affabulano.